LA STORIA DEGLI AZTECHI

 

 
 
Attorno al 1200 una popolazione del Messico settentrionale lasciò, per ragioni non ben chiare, la sua terra e migrò a Sud, stabilendosi in una zona dove già vivevano, né d’amore né d’accordo, Toltechi e Otomi: questi ultimi appartenenti ad un differente ceppo linguistico. Questi nuovi venuti furono chiamati Aztechi, perché la città che avevano abbandonato era Aztlan, e considerati, probabilmente a ragione, dei lestofanti, perché non possedendo né case, né terre, né raccolti e per campare dovevano depredare la roba d’altri. I tre popoli vissero oltre un secolo in continua guerra e i nuovi venuti rischiarono di essere seriamente distrutti. Il fatto è che, per quanto si sa, questi Aztechi non sembravano aver grande tatto diplomatico. Secondo la tradizione, il re tolteco Culhuacan aveva loro concesso una delle figlie perché divenisse sacerdotessa: solo che venne a sapere che essi l’avevano uccisa e scorticata per offrirla al loro dio. Radunò le sue truppe, invase il campo azteco e uccise trecento ragazze per rappresaglia, più qualche migliaio di altri. Solo nel 1323 gli Aztechi furono abbastanza forti da potersi insediare definitivamente e da fondare una loro città: Tenochtitlan, esattamente nel luogo in cui sorge oggi la cattedrale di Città del Messico. O, più probabilmente, gli avversari si erano ormai tanto indeboliti da non poterglielo più impedire. Tenochtitlan vuol dire "luogo dei Tenochca", che era il nome che gli Aztechi davano a se stessi. Oppure si chiamavano anche Mehsheeka: nome da cui è chiara la denominazione attuale della nazione. Nel 1376 il popolo elesse il primo di undici imperatori, Acamapichtli, scelto probabilmente perché aveva sangue azteco per parte di padre e tolteco per via di madre e rappresentava quindi l’unione delle due genti d’uguale parlata. Con questo, non cessarono le rivalità, le guerre civili, le scorrerie e le stragi, ma l’impero si mantenne, si rafforzò e giunse, al tempo in cui Cristoforo Colombo mise piede in terra americana, al massimo splendore con l’ottavo imperatore. Gli Aztechi-Toltechi erano ormai cinque milioni, tanto forti da attaccare anche l’impero Maya: come fecero attorno al 1500, in quella che fu detta "guerra del cacao", perché volta a conquistarne le piantagioni. Hernàn Cortès giunse in Messico nel 1519, non era un avversario da prendere alla leggera e l’imperatore Moctezuma II cercò ingenuamente di ingraziarselo, mandandogli un carico d’oro, sperando di convincerlo ad andarsene a casa. Lo convinse, ovviamente, a rimanere. L’arrivo degli spagnoli fece fuggire molta gente dalle città e dai villaggi, vere migrazioni verso Sud, che giunsero fino all’istmo centroamericano. Quando, nel 1521, Cortès spodestò l’ultimo imperatore, l’esodo si fece ancor più imponente.