- Agricoltura
- Gli insediamenti
- Organizzazione socio-politica
- Vita quotidiana
- Commercio
Nonostante le difficili condizioni del territorio, i Maya riuscirono
ad ottenere da questo non solo le basi esistenziali indispensabili, ma
anche un’eccedenza di risorse tale da consentire uno sviluppo culturale
sbalorditivo. Tutto ciò fu possibile grazie ad un’esemplare diversificazione
delle strutture di sussistenza che seppero adeguare alle mutevoli condizioni
ambientali. L’importanza dell’agricoltura
La principale attività di sussistenza era l’agricoltura. Allora
(come oggi) era molto diffuso il metodo “slash and burn” (taglia e brucia),
consistente nella coltivazione di un appezzamento di terreno disboscato
precedentemente con l’aiuto del fuoco. Data l’alta densità della
popolazione, per compiere questa tecnica, che richiede una continua rotazione
delle colture, era necessario disporre di vasti territori. Per questo oggi
si pensa che, oltre questa tecnica di carattere estensivo, i Maya utilizzassero
anche metodi di tipo intensivo. I principali prodotti dell’agricoltura
erano mais, fagioli e zucche.
In campo idraulico i Maya adottarono nuove tecnologie, con la costruzione
di campi rialzati (per proteggere le piante dalle inondazioni), l’utilizzo
di canali d’irrigazione e la creazione di “orti galleggianti” (piccoli
appezzamenti di terreno sottratti all’acqua). Queste tecniche fornirono
alla popolazione un’alimentazione particolarmente ricca, comprendente alimenti
come: il fagiolo, la manioca, la patata dolce, l’amaranto, il cacao, l’avocado,
il ràmon, la papaia, il sapota, il peperone rosso e il pomodoro.
Altre attività di sussistenza
Nonostante l’importante ruolo dell’agricoltura, i Maya si dedicavano
anche alla caccia, alla pesca e all’addomesticamento di animali come il
cane, il tacchino e l’anatra.
Gli insediamenti
L’ubicazione di ogni insediamento maya era determinata da molti fattori,
quali la vicinanza a pozzi o a terreni coltivati, la prossimità
delle vie commerciali e la facilità di difesa del luogo. La grandezza
dei luoghi abitati variava dalla piccola capanna all’imponente città
di Tikal, che copre una superficie di 123kmq.
Da alcune immagini presenti su antiche terrecotte è possibile
avere un’idea della forma della capanna maya: essa era a pianta rettangolare
od oblunga, con pareti di legno e canna e tetto di paglia; esistevano anche
casette con muri di mattoni o di pietra. Queste costruzioni, edificate
intorno ad una piazza, costituivano un “gruppo residenziale”, abitato da
persone con vincoli di parentela. Vari gruppi residenziali, concentrati
intorno ad un edificio di culto (una capanna – tempio sopraelevata) formavano
un villaggio.
Il modello di insediamento più comune, tuttavia, consisteva
nelle capanne, che venivano costruite dai contadini su piccole colline
artificiali, circondate da appezzamenti di terreno fertile.
I grandi centri amministrativi e religiosi ricalcavano in parte la
forma del piccolo villaggio agricolo: intorno a piccole strutture
templari, edificate su terreno ritenuto sacro, le città, col
passare del tempo, si ingrandivano costantemente e le costruzioni in pietra
diventavano sempre più imponenti, simbolo del potere della classe
dominante.
E’ da notare, però, che per la costruzione di questi centri
non veniva seguita alcuna regola urbanistica: la città si sviluppava
in modo apparentemente casuale, seguendo solo alcune consuetudini riguardanti
l’orientamento di edifici sacri rispetto alla posizione del sole o degli
astri. Fa eccezione la città di Mayapán, capitale dell’unico
stato fortemente centralizzato della storia Maya: essa era divisa in quattro
settori, orientati secondo i punti cardinali, ed era percorsa da strade
ordinatamente disposte; una cinta muraria la difendeva dai pericoli esterni.
Solitamente, nei centri di maggiore importanza, la popolazione era
suddivisa in base alla classe sociale di appartenenza: il sovrano e la
classe dirigente risiedevano nel centro della città, dove sorgeva
il palazzo del re, le classi più umili
in periferia.
I centri maggiori erano assolutamente autonomi e controllavano quelli
più piccoli, secondo un sistema saldamente gerarchizzato.
Organizzazione politica e sociale
Il sistema di governo dei Maya, durante il periodo della nascita e
dell’apogeo delle città maya, può senza dubbio essere definito
teocratico. Una società divisa nettamente in due classi antitetiche,
eppure intimamente fuse, esisteva nei centri cerimoniali del Preclassico.
Al vertice stava un’élite sacerdotale in possesso del dono divino
di conoscere l’alternarsi delle stagioni, il corso degli astri, le profezie
sovrumane; la base era costituita dalla massa dei contadini, soggetti a
prestazioni obbligatorie per mantenere la casta al potere e, nello stesso
tempo, servire la divinità. Con la crescita della potenza religiosa
e politica di questi centri la società, pur mantenendosi rigidamente
classista, si costituì in modelli più elaborati, ampliando
i privilegi dell’élite, legata sì a complesse funzioni sacerdotali
ma ora dinamicamente protesa ad accrescere il proprio potere politico ed
economico, e favorendo la marcita di una classe media, composta di funzionari
di minor rango, guerrieri, artigiani, mercanti. Nessun centro maya del
Periodo Classico riuscì a dominare politicamente un territorio esteso,
anche se qualcuno fu capace più di altri di espandere la propria
influenza. I rapporti reciproci, fatti di accorte politiche commerciali,
di alleanze dinastiche, di guerre, favorirono l’emergere di alcuni di questi
“principati a carattere religioso e politico”.
I sovrani delle città-stato più ragguardevoli passarono
dal controllo della terra e della forza lavoro dei contadini all’appropriazione
di una serie di privilegi economici, quali lo sfruttamento monopolistico
di immense piantagioni, di risorse naturali (come il sale e l’ossidiana)
e la gestione di attività commerciali a largo raggio. Questo accresciuto
prestigio, tanto politico-religioso quanto economico, preparò la
strada alle strutture di governo proprie del postclassico, giunte nel paese
maya con i popoli provenienti dal Messico, dove a un potere esclusivamente
teocratico si sostituì un potere laico, gestito da un’aristocrazia
prevalentemente guerriera. Per quel che riguarda le prerogative dell’autorità
principale, nel Classico il potere spirituale e quello temporale erano
detenuti da una triade di governanti con differenti funzioni: un re-divino,
assistito da un alto sacerdote e da un
capo militare. Col tempo il potere supremo divenne ereditario, per lo meno
nei centri più grandi, garantendo una relativa stabilità
allo Stato, prima di allora soggetto a faide per il raggiungimento di posizioni
di prestigio. Il medesimo sistema ereditario esisteva in molti stati yucatechi
del Postclassico, al cui vertice stava l’halac uinic, massima autorità
politica e probabilmente anche religiosa. Negli stati degli altopiani meridionali,
invece, il sovrano doveva il suo potere ai meriti storici della propria
stirpe e al conseguente prestigio di cui godeva. Le altre classi vivevano
in subordine alle superiori esigenze dell’élite. Ma, mentre il “ceto
medio” andava acquisendo nel tempo sempre maggiore importanza, nulla cambiava
per l’agricoltore, unito al suo fondo rustico da un legame che trascendeva
la mera sfera economica e sottoposto a onerose prestazioni obbligatorie,
in aggiunta a quelle di provvedere al suo appezzamento, che egli aveva
ereditato dal proprio genitore.
La vita quotidiana
Ciò che sappiamo del ciclo della loro vita, di come essa fosse
scandita dalle esigenze del tempo, proviene dalle Cronache spagnole e dai
dati etnografici sulla società maya di oggi, dove le classi subalterne
hanno mantenuto un sistema di vita relativamente stabile nel tempo.
La classe dominante, di certo enfaticamente rappresentata nelle sculture,
nelle figurine e nelle ceramiche policrome, colta sempre in un’assoluta
dimensione atemporale, nell’ostentazione piena del suo rango e della sua
carica, e ritratta secondo i canoni dell’arte ufficiale. L’interesse si
concentra sulle insegne e sui parametri che accompagnano i personaggi,
nel loro complicato abbigliamento e in particolare sui magnifici decorati
con piume.
I dipinti rappresentano un’importante fonte di informazioni riguardo
questa civiltà: viene dato grande spicco al diverso rango dei soggetti
e al loro abbigliamento, simbolo dell’importanza data dai Maya al lusso
e allo sfoggio.
I contadini
L’esistenza quotidiana del contadino maya era regolata dall’alternarsi
dei consueti lavori dei campi alle occupazioni domestiche. Il corso della
vita era scandito da cerimonie annuali che seguivano il ritmo delle attività
agricole e da riti che contrassegnavano le diverse tappe della vita umana:
la nascita, la pubertà, il matrimonio, la morte.
All’interno di una famiglia agricola, la donna doveva alzarsi molto
presto il mattino per preparare all’uomo il cibo, che questi portava con
sé quando si recava a lavorare il suo campo di mais (milpa). La
moglie, se non doveva accompagnare il marito al tempo della semina o del
racconto, si dedicava alla preparazione dei pasti, il cui ingrediente fondamentale
era il mais. Nel primo pomeriggio, quando il capofamiglia tornava, consumava
il pasto prima delle donne, si lavava e poi riposava, seduto fuori della
capanna; intanto la moglie continuava le occupazioni domestiche e accudiva
i figli. Prima di andare a letto, molto presto, veniva consumato un pasto
molto leggero e ci si riuniva seduti in circolo a conversare.
Ideali di bellezza
La deformazione tabulare del cranio e lo strabismo erano considerati
segni di bellezza: perciò si fissavano intorno al cranio dei neonati
due tavolette piatte, mentre si incollavano ai capelli delle palline di
resina che, ondeggiando sul viso del bambino, procuravano quel difetto
della vista. Simboleggiavano l’infanzia una perlina bianca nei capelli
per il bambino e una conchiglia pendente da una cordicella avvolta in vita
per le bambine: tali piccoli ornamenti venivano tolti durante la cerimonia
della pubertà. Da questa al matrimonio non trascorrevano molti anni;
quantunque i Maya praticassero la monogamia, essi non avevano difficoltà
a divorziare. Del resto la maggior parte dei matrimoni era combinata, poiché
era considerato riprovevole scegliersi da soli il proprio compagno. La
morte era un momento finale ed iniziale al contempo, come nascita di una
nuova esistenza, straordinariamente più appagante se si superavano
i pericoli di cui era irta. L’uomo comune era sepolto sotto il pavimento
della casa, insieme con gli oggetti che ne rivelavano l’occupazione in
vita; gli aristocratici erano deposti in sepolcri ricavati nelle piramidi
templari o sotto il livello delle piazze cerimoniali. Nel Postclassico
si diffuse la pratica della cremazione.
Il commercio
L’ampia varietà di risorse del territorio strategicamente situato
tra il Messico e l’America centrale consentì ai Maya di dare un
formidabile impulso all’attività commerciale. Esistevano diverse
vie commerciali, ininterrottamente utilizzate anche se con differente intensità.
La carovane commerciali non disponevano né di mezzi di trasporto
né di animali da soma, per cui si rendeva necessario l’impiego di
schiavi portatori. Così, lunghe teorie di uomini carichi di merci
si snodavano sugli impervi viottoli montali o per gli intricati sentieri
della foresta, sotto la guida di un mercante (ppolom), che si affidava
per la buona riuscita del viaggio alla protezione della divinità
tutelare Ek Chuah, dio anche della pianta del cacao.
Questa costituiva una delle principali esportazioni del territorio
maya (era coltivata specialmente nell’Acalán e lungo il litorale
pacifico), data la sua importanza non tanto alimentare quanto economica,
essendo i suoi semi adoperati come moneta. Oltre al cacao, le merci più
pregiate provenienti dalla terra dei Maya erano il sale, le penne dell’uccello
quetzal, i tessuti di cotone, l’ossidiana, la giadeite e la serpentina.
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