L'arrivo della peste in Europa
La peste fu, prima di divenire una malattia dell’uomo, un male che colpiva varie specie di roditori (topi, ratti, marmotte). Nota già nell’antichità, si abbatté sull’Europa in età romana, ai tempi dell’imperatore Marco Aurelio che ne rimase vittima.
Nel XIV secolo erano trascorsi più di cinque secoli dalla sua ultima apparizione; probabilmente, come dice il cronista Siciliano Michele da Piazza - la grande peste arrivò nel Mediterraneo nell’ottobre 1347 portata da navi genovesi provenienti dalle colonie della repubblica marinara sul Mar Nero -. Qui i bacilli erano giunti portati dalle veloci truppe dell’Impero mongolo all’interno di pulci da ratto situate sui cavalli e nelle bisacce dei militari che provenivano dai focolai permanenti di peste, i quali si trovavano ai piedi dell’Himalaia tra India, Cina e Birmania. Quest’area presentava e presenta tutt’oggi condizioni climatiche adatte alla proliferazione della malattia.
La gran velocità delle truppe mongole permise ai topi e alle pulci, veicoli d'infezioni, di superare le barriere naturali che ostacolavano una sua rapida diffusione nell’Eurasia.
Lungo le vie dei commerci e degli itinerari militari delle truppe del Gran Khan la peste dilagò per l’Asia sino a giungere a Caffa, colonia genovese sul mar Nero, durante l’assedio condotto dai tartari nel 1346/47. Le navi genovesi a Caffa caricarono evidentemente topi infetti. L’epidemia iniziò a dilagare per l’Europa, mentre già nel 1331 ne era attestata la presenza in Cina, nel 1347 a Costantinopoli e poi a Messina, a Marsiglia, a Genova, a Spalato e a Venezia. Nel 1348 si diffuse in nord Africa e nel nord Europa.
L’epidemia terminò intorno al 1350 ma la peste rimase un male ricorrente, ciclicamente, sino ai giorni nostri. L’origine di questi cicli è probabilmente legata alle migrazioni dei ratti il cui meccanismo è ancora oggetto di studio.